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Immagine del redattoreSamuele Pesce

Cloruro di vinile nei pozzi di Casalguidi

Nel corso del 2019 sono state diffuse due note di ARPAT Direzione di Pistoia relative all’indagine condotta sull’inquinamento da cloruro di vinile (CVM) e 1-2 dicloroetilene (DCE) nella zona di Via del Redolone, loc. Casalguidi, Comune di Serravalle Pistoiese (PT).

È emerso dagli atti dell’indagine che in un numero elevato di pozzi acquiferi privati, vi fossero elevati quantitativi delle suddette sostanze, in misura addirittura superiore ai limiti di legge. I pozzi vengono utilizzati abitualmente dalla popolazione per uso domestico e per l’irrigazione degli orti.


L’inquinamento rilevato da ARPAT riguarda sia la falda acquifera superficiale che quella profonda e parrebbe avere origine lontana nel tempo, attribuibile in un primo momento agli inizi degli anni 2000.



La presenza nell’ambiente del cloruro di etile e del 1-2 dicloroetilene, secondo il Dipartimento locale dell’Agenzia Regionale, potrebbe ricondursi alla «degradazione degli organoalogenati per declorinazione riduttiva partendo da sostanza di origine quali Percloroetilene (PCE) e/o Tricloroetilene (TCE)». Sarebbero queste, se accertate come fonti primarie dell’inquinamento, sostanze peraltro comunemente utilizzate nell’industria, in prevalenza tessile e metalmeccanica.


In epoca più recente (novembre 2020), lo stesso Ente ha diffuso una nota che rappresenta una evoluzione nella ricerca delle cause e delle responsabilità dell’inquinamento. In essa si ipotizza che le cause dell’inquinamento potrebbero addirittura collocarsi tra gli anni ’80 e ’90 ed essere riconducibili alla dispersione avvenuta in uno stabilimento a suo tempo esistente in loco. Si assume infatti che già all’epoca possa essere avvenuto uno sversamento nell’ambiente di tricloroetilene/trielina (TCE), presso le vasche a servizio dello stabilimento allora esistente.



Il Circolo Legambiente di Pistoia A.P.S. sta seguendo da mesi questa vicenda, che non può non definirsi un vero e proprio disastro ambientale per gli effetti e le ripercussioni che tale inquinamento produce sull’ambiente, sulla salute umana e sulla fauna e flora locali.

Trattasi difatti di sostanze nocive per l’uomo, altamente cancerogene sia se assorbite per inalazione che per ingestione orale. Il CVM è difatti considerato scientificamente essere causa dell’insorgenza di tumori epatocellulari, angiosarcomi polomonari, adenomi delle ghiandole mammarie e, se assunto in dosi elevate tramite l’acqua potabile, di angiosarcomi epatici.


Allo scopo di chiedere che vengano svolte indagini da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia che accertino le responsabilità dell’inquinamento in oggetto e portino alla punizione dei colpevoli, Legambiente Pistoia ha depositato nell’ottobre 2019 un esposto contro ignoti. Esso è stato inserito in un fascicolo di indagine del 2014 (scaturito probabilmente da una relazione della stessa ARPAT Pistoia) ed ha altresì dato origine a un diverso e separato filone di inchiesta, ancora in indagine.

Non appena ricevuti gli atti relativi alle attività compiute dall’Agenzia Regionale nel corso del 2020, Legambiente Pistoia integrerà l’esposto con la nuova documentazione.


Infine, in ordine al cluster di sarcomi dei tessuti molli che interessa all’incirca la zona sopra evidenziata, non vi sono allo stato evidenze di alcun collegamento scientifico con l’inquinamento da CVM e DCE. Le indagini epidemiologiche, condotte dall’Azienda ASL Toscana Centro, sono tuttavia ancora in fase di completamento.


Sono ovviamente allo studio anche modalità di decontaminazione dell’ambiente, in attesa delle quali Legambiente Pistoia continuerà a monitorare attentamente entrambe le vicende.


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